31.05.11
Quella vecchia porta chiusa alla buona col fil di ferro...
Vignanello, giugno 1944: Breve storia di un prigioniero di guerra salvato da un ragazzino

di Vincenzo Pacelli

 

«I filled a void in my life,» Insalaco said.
«I realized, “My God, I went through this and survived”»

«Avevo riempito un vuoto nella mia vita» disse Insalaco.
«Mi resi conto: “Mio Dio, ho passato tutto questo e sono sopravvissuto”».

 

La storia che vi voglio raccontare si svolge a cavallo fra i mesi di maggio e giugno del 1944. Ultimi tremendi giorni della Seconda Guerra Mondiale. L’Italia è in balia di tre eserciti: Tedeschi in ritirata, Americani in arrivo e Italiani lacerati fra Repubblichini e Partigiani. Le vicende del mondo intrecciano in una sola trama le sorti delle nazioni coinvolte nel conflitto, e la Storia con la S maiuscola, dai continenti arriva ad affacciarsi anche nei più piccoli centri abitati, fra la gente comune. È in questo contesto, fra gli orrori della guerra, che il terrore di un ventenne americano si dissolverà, grazie alla solidarietà degli abitanti di un paesino del centro Italia.

Operazione Shingle è il nome dell’azione militare che gli Alleati attuarono allo scopo di aggirare le forze tedesche e conquistare Roma. Meglio nota come lo sbarco di Anzio, città che darà il nome anche all’omonima battaglia, avvenne alla fine di gennaio del ’44 e costituì l’inizio di una serie di scontri fra Alleati e Tedeschi protrattisi fino al fatidico 4 giugno, giorno in cui Roma verrà definitivamente liberata dall’occupazione dei Nazisti.

Il protagonista dei fatti che sto per narrare è un soldato come tanti: Edward (Eddie) Insalaco, dell’88a Divisione Fanteria dell’Esercito Americano. Il suo cognome rivela origini italiane, infatti Insalaco ha mansioni di interprete: gli è stata affidata un’unità di 45 soldati italiani con la missione di portare rifornimenti al fronte. Eddie si ritiene fortunato, in fondo, grazie a quell’incarico sarebbe stato vicino ai combattimenti solo per brevi momenti, alla fine di ogni viaggio, durante la consegna delle forniture.

 

Edward “Eddie” Insalaco all’epoca dei fatti

  

Ma mentre i 120 muli carichi di rifornimenti stanno attraversando un crinale sulle colline di Itri, sulla via Appia fra Formia e Fondi, la pattuglia subisce un’imboscata da parte delle Tedeschi e una mezza dozzina di soldati vengono catturati. Edward Insalaco è fra questi. Lui e i suoi compagni vengono trasportati in un campo di prigionia a sud di Roma, in un posto che oggi facciamo fatica a vedere come luogo di segregazione: Cinecittà.

In un capannone adattato a galera, fra sudici pagliericci infestati dai pidocchi, trascorrono alcuni giorni, quindi ci si mette di nuovo in marcia, direzione nord… destinazione Germania.

Il rancio è limitato a pane e acqua, i soldati tedeschi sputano addosso ai prigionieri, si cammina per tre notti. Sessanta chilometri di marcia fino ad arrivare in un paesino a nord di Roma: Vignanello. Si fa tappa qui: c’è di stanza una truppa dell’Esercito Nazista.

I tedeschi ed i prigionieri americani entrano nel centro abitato. Si fermano in uno slargo nei pressi della stazione ferroviaria. I prigionieri vengono fatti sedere a terra, controllati da quattro o cinque soldati tedeschi. Immediatamente una folla di persone si riversa dalle case portando pane e sigarette ai prigionieri, addirittura un pentolone di minestra in mezzo alla strada.

Gli Americani affamati e stremati dal viaggio si buttano a capofitto su quel ben di Dio. I soldati tedeschi inferociti iniziano a sparare all’impazzata sopra le teste dei Vignanellesi, mettendone in fuga alcuni, ma altri rimangono, insistono nel loro generoso soccorso ai prigionieri. In particolare un tabaccaio, dall’alto del balcone di casa al terzo piano, dopo le fette di pane continua imperterrito a lanciare pacchetti di sigarette.

I tedeschi sparano verso la finestra e l’uomo, colpito di striscio alla testa, cade a terra.

I Vignanellesi attoniti assistono alla scena, fra i tanti c’è Angelo Mastromichele, appena quindicenne, che insieme ad altri ragazzi, fra curiosità e timore, segue tutto quello che accade mantenendosi a debita distanza.

Ad un tratto vede i soldati tedeschi sfondare la porta di un locale posto nell’edificio adiacente allo slargo, ordinano ai prigionieri di alzarsi da terra e li fanno entrare, richiudendo la porta alla buona, con un fil di ferro.

 

La porta con l'insegna rettangolare è quella in cui vennero rinchiusi i soldati americani

  

Eddie ed altri ventiquattro prigionieri sono lì, al buio, accovacciati sul pavimento sporco, quando ad un tratto sentono armeggiare. Dall’esterno, Angelo insieme ad altre persone sta aprendo la porta. Entra uno spiraglio di luce e una voce: «Scappa, scappa!». Eddie, che conosce un po’ d’italiano, si precipita verso la porta, riesce ad uscire, corre fuori, salta oltre i binari del treno e arriva sul versante opposto del colle che delimita la vallata, cadendo al suolo sfinito. Questo ricorda Eddie: una donna anziana ed un bambino, di cui non conosce neanche il nome, sono stati la chiave per la sua salvezza, la fine del suo incubo. Due Vignanellesi di cui ignora l’identità hanno trasformato la sua prigionia in libertà.

I soldati tedeschi si sono allontanati. Ad uno ad uno i prigionieri scappano, Angelo fa da vedetta sulla porta socchiusa, mentre un altro è appostato nei pressi del passaggio a livello, facendo attenzione all’arrivo delle camionette dei Nazisti in ritirata. Quando il campo è libero l’uomo fa segno ad Angelo e lui dà l’ordine al prigioniero di uscire. In pochi minuti sono tutti fuori.

Eddie trova riparo in una cantina scavata nel tufo, una fra le tante che ancora oggi si possono vedere, più o meno abbandonate, lungo tutto il versante della collina di Talano che delimita a sud la valle della Cupa. All’interno si sentono delle voci, sono Vignanellesi, lì rifugiati per paura delle bombe che gli Americani lanciavano sul paese in quei giorni.

Cosa avranno provato quei Vignanellesi nel trovarsi gli Americani, di cui fuggivano gli attacchi, all’interno della loro cantina, impauriti ed affamati, a loro volta in fuga. Quello che provarono non lo sapremo mai, ma sappiamo cosa accadde: per tre giorni e tre notti, i soldati americani in fuga dai mitra tedeschi ed i rifugiati vignanellesi in fuga dalle bombe americane, condivisero la cantina e quel poco che si trovava da mangiare: pane, vino e qualche patata strappata dalla terra di un orto lì vicino.

I nemici furono soccorsi da chi fuggiva i loro bombardamenti. E le bombe arrivarono di nuovo, Eddie le vide piombare sul paese, ma poco dopo arrivò un camion con una stella sul fianco. E dopo quello, altri ed altri ancora: camion, camionette e carri armati americani, provenienti da Roma liberata dai Nazisti ormai in fuga. E pensare che proprio l’88a Divisione Fanteria, quella a cui Eddie apparteneva, fu la prima unità dell’Esercito americano ad entrare a Roma il 4 giugno.

È trascorso un mese da quando i Tedeschi lo avevano catturato fra le colline di Itri, adesso Eddie ed i suoi compagni possono lasciare le cantine di Vignanello, salutare quella gente semplice che li ha soccorsi in un momento tanto drammatico, ed intraprendere la via del ritorno.

    

Giunti a questo punto la storia sembrerebbe essersi conclusa con il suo bel lieto fine, ma in verità non è così. Eddie tornò a casa, divenne un barbiere nella cittadina di Willimantic (Connecticut), si sposò ed ebbe tre figlie, ma tutto questo era solo calma apparente. Gli incubi della sua prigionia non lo abbandonavano mai. Per anni non volle parlare della guerra e solo dopo molto tempo si convinse che soltanto tornando in Italia, forse, avrebbe potuto porre fine ai suoi tormenti.

E così, nel 1991, Edward Insalaco, accompagnato da Patrick Harrington, suo amico di vecchia data, partì dal Connecticut per tornare in Italia e fare visita a Vignanello.

Eddie a Vignanello nel 1991, nello spiazzo davanti

alla stazione in cui si svolsero i fatti del '44.

 

I due, accompagnati dal cognato di Patrick, che viveva vicino Roma, arrivarono in paese, più esattamente alla Valle, proprio dove tanti anni prima Eddie era arrivato prigioniero con i suoi compagni, e qui cercarono di trovare qualcuno che ricordasse i fatti del ’44. La gente indicò una persona, un Vignanellese che nel ’44 aveva appena 15 anni: Angelo Mastromichele. Eddie lo avvicinò e gli chiese... Angelo ricordava tutto.

Patrick racconta che i due si guardarono con gli occhi lucidi. Nel frattempo i Vignanellesi incuriositi si erano radunati tutt’attorno e appena capito cos’era successo portarono fuori bottiglie di vino per brindare. Poi Eddie e Angelo tornarono a vedere i luoghi in cui si erano svolti i fatti: lo slargo vicino alla stazione, il luogo della breve prigionia, le cantine e la linea della ferrovia. Eddie ricordò anche il balcone del tabaccaio che lanciava sigarette, e Angelo lo informò che l’uomo[1] non era morto per gli spari dei Tedeschi, era soltanto stato ferito ma se l’era cavata.

Patrick vide qualcosa cambiare in Eddie, «È stato un ragazzo nervoso per anni. – afferma – Avreste dovuto vedere la differenza appena conclusa la visita. Adesso è in pace, davvero».

  

Angelo Mastromichele e Edward Insalaco nel '94

  

Edward Insalaco è tornato di nuovo a Vignanello nel ’94 portando con sé una targa commemorativa. Reca scritto: “Ai cittadini di Vignanello, Italia. Vorrei esprimere i miei sentimenti di ringraziamento per tutte le cortesie date a me ed ai 24 altri prigionieri di guerra, mentre eravamo tenuti prigionieri nel vostro paese durante giugno del 1944” . Eddie l’ha voluta esporre nel bar del figlio di Angelo Mastromichele, affinché tutti i Vignanellesi potessero vederla e sapere della sua gratitudine.

 

Due anni dopo Eddie è tornato di nuovo ed in quest’occasione ha ringraziato ufficialmente l’Amministrazione Comunale. Anche la targa è arrivata in Comune, per essere esposta in un luogo ufficiale, ma dopo qualche tempo... è svanita nel nulla!

  

Paradossalmente è stata proprio questa mancanza a dare il via alla mia ricerca, che ha avuto come traccia di partenza un’e-mail inviata da Eddie all’Amministrazione Comunale due anni fa.  Non voglio e non posso ora dilungarmi sulle modalità, sulle responsabilità o sull’assurdità di questa sparizione, dirò solo che, anche grazie al pretesto di questo articolo, la targa è stata finalmente ritrovata e che a breve tornerà ad essere ben visibile a tutti, come era ed è nel desiderio di Eddie[2], nel bar Le Torri, di Alceo Mastromichele, figlio di Angelo.

 

Oggi Eddie ha 86 anni, non sappiamo se tornerà ancora a Vignanello, ma nella sua casa, vicino alle foto dei nipoti c’è una cartina dell’Italia, con il tracciato del suo tragitto durante la Seconda Guerra Mondiale. Un tragitto che ha per punto di svolta un paesino di neanche 5000 anime, dove la generosità e l’altruismo hanno trasformato la prigionia in libertà, dove un viaggio verso la morte si è mutato in speranza di salvezza.

 

 

 

 

 

 

 

Fonti scritte:

Laura Ungar. Ex-POW’s nightmares fade in Italian village. In The Hartford Courant, 12.4.1995.

Robert A. Hamilton. For POW in WWII, ‘death was a neighbor’. In The New London Day.

 

 

Un ringraziamento doveroso va alla bibliotecaria Francesca Piermartini, che avendo avuto cura di conservare una e-mail di Edward del 2008, mi ha dato modo di ricontattarlo. Esprimo inoltre riconoscenza a Angelo Mastromichele per la sua disponibilità a ricordare e raccontare, ed infine, last but not least, a Edward Insalaco, che tempestivamente ha risposto alle mie e-mail e mi ha inviato (per posta cartacea) i due articoli usciti in U.S.A. dove narra la sua esperienza di prigioniero. Infine ringrazio in anticipo tutti coloro che leggendo questo articolo vorranno contattarmi per aggiungere dettagli ed altre informazioni in loro possesso riguardanti i fatti qui narrati. e-mail: pacello@pacelli.biz)

   

   

   segue

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Articolo apparso nell’aprile del 1995 sul The Hartford Courant che narra le traversie del giovane Eddie e di come, grazie al coraggioso intervento di un ragazzino e al buon cuore di un intero paesino del Centro Italia, riuscì ad evitare la deportazione in Germania.

In quei giorni terribili, dove la maggior parte degli italiani aveva ben capito che fosse il vero nemico, i Vignanellesi scelsero di contribuire alla lotta di liberazione salvando la vita a 24 prigionieri americani.

    

Eddie mostra all’amico ritrovato la targa di ringraziamento

    

   



[1] Leonetto Lagrimanti

[2] I would prefer the plaque to be exposed in the bar of Angelo's son so it can be seen by more people. [Io preferirei che la placca venga esposta nel bar del figlio di Angelo, così può essere vista da più persone]. Estratto dall’e-mail inviatami da Edward Insalaco il 23 ottobre 2010.