15.08.12
La preghiera di nonna Maria
di Vincenzo Pacelli

 

Ho ricevuto da Silvia Chiricozzi, che ringrazio caldamente, un’antica preghiera in dialetto vignanellese che recitava sua nonna, che poi è anche la mia bisnonna, Maria Buzi (Maria ‘a Ciotola) al momento di andare a dormire.

Mi ha subito colpito molto per la sua particolarità, più che una preghiera mi è sembrata quasi un rituale per propiziarsi Dio, San Giovanni, la Madonna e gli angeli, al sopraggiungere della notte. Dopo aver raccomandato l’anima a Dio e a San Giovanni affinché non venga ingannata dal demonio, chi prega coinvolge un non meglio definito Angelo perfetto e poi Gesù, cantando e predicando nel letto, poi descrive, come in una visualizzazione protettiva, l’Angelo di Dio e la Trinità attorno al letto, altri angeli vicino al focolare e alla finestra, come a fare da guardia ai punti di accesso all’abitazione (il camino e la finestra), infine la Madonna dummezzo a corsia, ossia nel corridoio, o forse, viste le dimensioni delle case dei nostri nonni, lo spazio fra il letto e la parete della camera e per ultimo un altro angelo che suona un piffero sul tetto.

 

La preghiera è la seguente, così come mi è stata scritta da Silvia.

 

Antica preghiera in dialetto vignanellese che recitava nonna Maria nel momento di andare a letto per una buona notte

 

“A letto a letto me ne vò

l’anima mia a Dio la do

la do a San Giovanni

chè il demonio nun me nganni

né de notte né de dì

manco al punto de morì

né de dì né de notte

manco al punto della morte;

a letto con l’Angelo perfetto

con l’Angelo cantanno

co’ Cristo predicanno.

Saccio la corga e nun saccio la levata

l’anima mia a Dio l’ho riccomannata

Da capo a letto mio c’è l’Angelo di Dio

de qua e de là, la Santissima Trinità

di foco l’Angeli che giocono

da finestra, l’Angeli che fanno festa

dummezzo alla corsia c’è la Vergine Maria

e sopra i tetto c’è l’Angelo che sone i cifoletto”

 

Con la mia solita curiosità, sapendo che molto spesso queste preghiere antiche sono state studiate e già trascritte su pubblicazioni, ho provato a cercare qualcosa su internet ed immancabilmente ne ho trovato una versione molto simile in dialetto abruzzese:

 

A letto a letto me ne vo,

l’anima mia a Dio la do;

la do a Dio e San Giovanni

non me micchi e non me ‘nganni,

né de notte né de dì,

né a jo punt’ ‘e lo morì;

né de dì e né de notte,

né a jo punto della morte.

A cap’a pete j’arcangelo Gabriele;

alla supia la vergine Maria;

a jo lato manco lo Spirito Santo;

a jo lato ritto Gesu Cristo.

 

Sul sito in cui è riportata viene spiegato che si tratta di un responsorio a Sant’ Antonio da Padova per avere aiuto a ritrovare le cose smarrite o per poter prevedere l’esito di una cosa che sta a cuore. Quindi non sarebbe esattamente una preghiera ma piuttosto un rito propiziatorio. Secondo i devoti a questo santo, se recitando la preghiera dall’inizio alla fine non si verificava alcun intoppo, l’esito per il quale si pregava sarebbe stato favorevole o si sarebbe potuto avere (magari da parte di persone sensitive) una preveggenza così da individuare il luogo dove si trovava la cosa smarrita, mentre se accadeva qualche intoppo, l’esito sarebbe stato negativo.

La cosa buffa è che la pagina web su cui ho trovato la preghiera sta nel sito di un comune in provincia de L’Aquila che si chiama Cappadocia e che ha per patrono San Biagio.

 

Un’altra versione invece è citata su un altro sito e viene presentata come una giaculatoria per richiedere l’aiuto degli angeli per vivere e morire cristianamente.

 

“A letto a letto me ne vò,

l’anima mia a Dio la dò,

la dò a Dio e San Giovanni

che il nemico non m’inganni.

Quattro angeli di Dio

tutt’intorno al letto mio,

due da piedi due da capo,

la Madonna ad ogni lato.

Signor mio mi metto giù,

chissà se mi rialzo più.

Se non mi rialzo più tre cose ti chiedo:

la remissione dei peccati, la resurrezione della carne, la vita eterna. Amen”.

 

Altre versioni, veramente tante, sono infine elencate in un libro (l’ho trovato su Google Libri) di Giovanni Pozzi intitolato “Grammatica e retorica dei santi”. Trascrivo qui solo le più simili alla nostra, evidenziando in ognuna le parti più sovrapponibili:

 

A letto a letto me ne vo, / l’anima mia a Dio la do, / a Dio e a san Giovanni, / il nemico non m’inganni / né di notte, nè de dì, / né sul punto de morì, / né de dì, né de notte, / né sul punto della morte. / Fatti là, spirito tristo, / ecco la faccia di Gesù Cristo, / ecco la faccia di tutti i santi, / Dio ci ajuta a tutti quanti

 

A letto a letto me ne vo, / l’anima e il corpo a Dio lo do. / A capo al letto mio / c’è l’angelo di Dio, / da piedi e da canto / lo spirito santo, / intorno intorno / tutti gli angeli del monno, / a capo la testa / la madonna che m’aspetta, / di sopra Gesù Cristo colla croce, / che mi dice che dormesse, / che paura non avesse, / né di lance, né di ferro / né delle pene dell’inferno.

 

Io me ne vado a letto / con la madonna appresso, / con l’angeli cantanno, / e Gesù predicanno, / predicanno ad alta voce, / Gesù Cristo è morto in croce, / morto in croce per salvarci, / la madonna che ci abbracci, / che ci abbracci lu dì e la notte / fino al punto della morte, / che ci abbracci la notte e lu dì / fino al punto de morì.

 

Me corco in questo letto / quattr’angeli ci aspetto, / san Jaco e san Filippo, / la madonna e Gesù Cristo; / da capo al letto mia / c’è la vergine Maria, / da piedi e da canto / l’padre, l’ fijiolo e lo spirito santo, / attorno attorno / tutti l’angeli del monno. / Saccio la corcata, / ma nun saccio la levata, / e l’anima mia / a Dio raccomandata sia.

 

A letto a letto me ne vo / l’anima e l’corpo a Dio lo do, / lo do a Dio e san Giovanni, / el farzo amico non m’inganni, / né de notte né de dì / né sul punto de morì; / né de dì, né de notte / né sul punto della morte. / A capo al letto mio, / ce sta l’angelo de Dio, / a menzo a casa / la santissima annunziata, / lassù sul tetto, / Gesù Cristo benedetto, / de là e de qua / la santissima trinità. / Spirito santo ajutaci, / santa Maria soccorrici, / col tuo divino amore, / salvateci signore.

 

 

Non c’è che l’imbarazzo della scelta. A quanto pare la preghiera di nonna Maria, a Vignanello dai più dimenticata, è ben nota agli studiosi del settore, ma non esiste una versione unica, non si rintraccia un originale, come spesso accade per le tradizioni orali.

E chissà quante versioni si saranno susseguite nei secoli, di regione in regione, di paese in paese, di bocca in bocca, ogni volta aggiungendo o togliendo una parola o una strofa, modificando una rima o un accento a seconda dei dialetti che di volta in volta si incontravano.

Inutile dire che fra tutte le versioni citate io preferisco senza ombra di dubbio la nostra versione vignanellese di nonna Maria, di fatto è la più completa, arricchita dal focolare, dalla finestra e soprattutto dallo splendido finale con sul tetto… l’angelo che sone i’ cifoletto! Complimenti davvero alla creatività vignanellese.

Bene, adesso la preghiera, o responsorio, o giaculatoria che sia, la sapete e spero vivamente che vi possa essere utile. D’ora in poi me la dirò tutte le sere, se funziona non lo so, ma di sicuro mi addormenterò di buon umore, il che non guasta.

 

Alla prossima, Vincenzo