26.09.12
Fusse che fusse la vorta bbona
di Lillo Pacelli

Il “Me ricordo quell’anno…” di questa volta, mi è venuto in mente lunedì 24 Settembre di quest’anno 2012, quando tutti i mezzi di informazione hanno diffuso la notizia delle dimissioni da Presidente della Regione Lazio, di  Renata Polverini, in seguito allo scandalo scoppiato all’interno del suo gruppo politico (P.d.L.), per delle irregolarità avvenute riguardo alla utilizzazione dei contributi statali alle attività dei partiti e per disaccordi in proposito, tra due componenti del suddetto gruppo politico: Fiorito e Battistoni.

Dopo vari tentennamenti durati più di un giorno, la Polverini ha dato le dimissioni da Presidente e con espressioni verbali alquanto ferme e sprezzanti rivolte ai suoi colleghi di partito, ha dichiarato che “vuoterà il sacco” su tutto quanto è avvenuto in “Regione”, ora ed in precedenza, in merito alle spese ed alla utilizzazione dei fondi che erano a disposizione dei partiti politici che avevano rappresentanti alla Regione Lazio.

Nei giorni precedenti, da tutte le cariche più alte dello Stato: Presidente della Repubblica Giorgio Napolitano, Presidente del Consiglio dei Ministri Mario Monti, molti ministri e tutti i mezzi di informazione della carta stampata e delle emittenze televisive, unanimi sono state le condanne su quanto è accaduto: tutti hanno chiesto chiarezza e trasparenza. Altrettanto unanime è stata l’indignazione dell’Italia intera, sentimento che ha attraversato tutti gli strati sociali.

Sono piovute condanne morali da tutti i pulpiti e non è mancata neanche quella del “Pulpito” per antonomasia, della Chiesa Cattolica, di cui si è fatto portavoce il cardinal Bagnasco.

Tutti, pressoché all’unanimità, hanno chiesto uno “stop” definitivo e perentorio al finanziamento pubblico della politica, un controllo attento sulle spese ed un ridimensionamento degli appannaggi della “Casta”. Ripeto: da tutte le cariche istituzionali ai vari livelli, da tutta la popolazione (una volta c’era il detto: vox populi, vox Dei) e perfino dal “Pulpito”.

Io, naturalmente, manco a dirlo, sono ampiamente indignato ed in perfetta sintonia con tutti.

Allora ascoltando, vedendo, considerando e pensando, mi è balenato in mente all’improvviso ed ho esclamato, non ricordo se dentro di me o a voce alta: “Fusse che fusse la vorta bbona!”

 

Quelli che nel 1959 erano ventenni come me, quelli poco più giovani e quelli un po’ più grandi, sicuramente ancora ricorderanno la “Canzonissima” televisiva di quell’anno, condotta ed animata da Paolo Panelli, Delia Scala e Nino Manfredi.

Ebbe un buon successo per tutte le puntate fino alla conclusione che era la sera dell’Epifania. Soprattutto però, tra canzoni, cantanti e personaggi dello spettacolo che si esibivano in ogni serata, mi pare che fosse di sabato, ebbe un altissimo gradimento Bastiano, un personaggio immaginario, creato ed interpretato da Nino Manfredi: un barista di un paese della Ciociaria, Ceccano.

Verso il termine di ogni serata della puntata settimanale, a conclusione del suo monologo, Manfredi metteva in bocca a Bastiano la frase: “Fusse che fusse la vorta bbona!”, espressione che diceva ogni sera verso la fine della trasmissione, prima che venissero estratti i nomi dei vincitori dei premi settimanali. Era una sorta di rito scaramantico per propiziarsi una vincita.

Anche a me, come a Bastiano, il barista di Ceccano, per alcune volte , meccanicamente senza la benché minima aspettativa che si avverasse, (ed infatti non è accaduto mai), è capitato di sussurrarla in occasione di grandi eventi che potevano preludere a cambiamenti epocali riguardo alla gestione della “Cosa Pubblica”:

quando si svolse il referendum che sancì l’abrogazione del finanziamento pubblico ai partiti politici, che però uscì dalla porta e rientrò dalla finestra sotto altre vesti;

quando con Antonio Di Pietro e Mani Pulite si concluse Tangentopoli, la quale anch’essa si rigenerò e tornò in auge e lo è ancora a tutt’oggi più forte, ramificata e sfacciata che pria;   

quando ci fu la “discesa in campo” di Berlusconi, ma è finita come tutti sappiamo ed i risultati sono sotto gli occhi di tutti;

quando lo scorso novembre Berlusconi si dimise ed a lui subentrò Mario Monti, sotto la perfetta regia di Giorgio Napolitano. Inizialmente ci fu un promettente avvio ed un fiorire di proposte drastiche di cambiamenti, che poi però con il passare dei mesi sono state un po’ addolcite, rendendole quasi insignificanti e vuote: vedi la riduzione dei parlamentari, la diminuzione delle province, la contrazione della spesa pubblica e tante altre velleità che sono quasi svanite col passare del tempo, anche se ancora è lecito sperare.

Allo scoppiare di questo ennesimo scandalo e con l’epilogo attuale delle dimissioni di Renata Polverini, mi sono detto: Forse questa volta ci siamo! Si volterà finalmente pagina! Sarà così?

Aspettiamo qualche giorno e vediamo come si evolverà la faccenda. Poi se ne parlerà.

Auguriamoci tutti che almeno la montagna non partorisca il classico topolino.

Ma, se l’esperienza è maestra di vita, da quanto siamo abituati a vedere come vanno le cose in Italia, mi viene da pensare che forse non cambierà nulla. Tutto resterà come ora è, più o meno. Auguriamoci che ci si orienti verso in meno.

Se sarà così, come abbiamo cominciato con la prima frase di Bastiano all’inizio delle sue scenette televisive di Canzonissima: “Fusse che fusse la vorta bbona”, ora mi vengono in mente alcune delle conclusioni in rima del monologo che il barista di Ceccano declamava con enfasi per bocca del suo portavoce Nino Manfredi.

Quando al termine della estrazione dei premi settimanali, Bastiano constatava che il suo biglietto della lotteria non era tra i vincenti, ad ogni puntata scomodava un grande personaggio del passato e gli metteva in bocca un paio di versi in rima baciata, che suscitavano l’ilarità del pubblico televisivo, fino alla settimana successiva, per cui i più che seguivamo la trasmissione, eravamo tutti in attesa di conoscere il nome del personaggio che avrebbe tirato in ballo e del suo detto, in rima, che avrebbe suscitato tante risate.

Ancora oggi, qualche persona attempata, ogni tanto quando prova una delusione per una grande speranza che si è vanificata, ripensando al Bastiano deluso perché non fu mai tra i vincitori dei premi settimanali, ridice in rima una delle tante sue riuscitissime esternazioni:

 

“E come disse l’Aretino Pietro,

pure stavolta semo rimasti

con una mano davanti e l’altra dietro!”

 

La settimana successiva:

“E come gli rispose Guido Cavalcanti,

pure stavolta semo rimasti

con una mano dietro e una davanti!”

 

In una delle serate finali, scomodò addirittura Napoleone Bonaparte:

“E come disse Napulione dall’alto di quella roccia,

pure stavolta

ce la semo presi in saccoccia!”

 

Ora in Italia non siamo più al 1959 e non c’è in corso alcuna lotteria, però quale personaggio tireremo in ballo e quale rima gli metteremo in bocca tra qualche tempo quando questa buriana sarà passata lasciando le cose come stavano prima o quasi?

Auguriamoci soltanto che non sia, la rima, tanto sconsolata come quelle del Bastiano che venne portato  alla ribalta dall’indimenticato ed inimitabile Nino Manfredi.

Lillo

               26  Settembre  2012
  

 

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