24.08.10
...e per ogni mese, un Vignanellese
di Tommaso Marini

AGOSTO  2010

IL PRINCIPE
ALESSANDRO (DADO) GALEAZZO MARIA RUSPOLI

PRINCIPE ROMANO
9° PRINCIPE DI CERVETERI - 9° MARCHESE DI RIANO - 14° CONTE DI VIGNANELLO - PATRIZIO ROMANO - NOBILE DI VITERBO - NOBILE DI ORVIETO - GRAN MAESTRO DEL SACRO OSPIZIO APOSTOLICO

9 DICEMBRE 1924 - 11 GENNAIO 2005

Seconda parte:
l’uomo

Camminerò
come l’onda del mare,
immota nel moto,
immota nel tempo.
Camminerò
senza voler arrivare.
La mia vita:
l’infinito.
La mia realtà:
il camminare

E’ l’epitaffio inciso sulla lapide della tomba di un uomo saggio: una riflessione profonda. Era una delle sue creature poetiche più care. Semplice nella dizione ma piena di una filosofia di vita che aveva fatto sua: cercare in continuazione, con ostinata curiosità, senza mai stancarsi, senza mai pentirsi, senza mai rinunciare a nuove realtà. E’ un canto di vittoria della vita sulla morte.

Dado non amava l’austero cerimoniale della nobiltà, forse era costretto ad accettarlo, ma preferiva altro: la vita libera, il divertimento, le belle donne, i viaggi, le folli spese, il tranquillo riposo in un piccolo centro del Viterbese, l’essere qui considerato più uomo che principe.
Bastava osservarlo mentre assisteva soddisfatto alle “chiacchiere” pomeridiane di noi semplici (ma non certo sciocchi) Vignanellesi. Dado preferiva ascoltare, i suoi occhi magnetici saltavano da un oratore all’altro in modo quasi frenetico, sorrideva ed annuiva. Se non fosse stato per il suo originale ed inconfondibile abbigliamento, poteva essere scambiato per uno di quei loquaci conversatori, disposti in circolo, perennemente preoccupati della buona o cattiva stagione agricola, della spicciola politica amministrativa, delle criticabili scelte di altri colleghi. A volte veniva richiesto il suo parere, ma Dado si limitava solo a qualche breve commento diplomatico, cercando di non indispettire alcuno dei presenti conversatori.

Una tarda mattina di Agosto lo incontrai al Bar Moderno intento a consumare la sua prima colazione, ero in compagnia di Piero Stefani, suo caro amico. Dado insistette per poterci offrire l’aperitivo e noi accettammo dopo i soliti circostanziati convenevoli. Al momento di pagare Dado fece mettere tutto sul suo conto e non ci fu ragione per fargli accettare, in alternativa, un nostro pagamento. Poi ammise candidamente di non portare con se del denaro: “perché - aggiunse sorridendo - un nobile non può avere questa assillante preoccupazione: basta la parola!”

Nel periodo della sua permanenza estiva in Vignanello, il Castello era frequentato da persone tra le più disparate: attori, cantanti, industriali, politici, gente importante e multietnica, donne bellissime, “capelloni”, “giovani hippies”. Qualunque persona dall’aspetto stravagante, che circolava per il nostro paese, veniva identificata con “ospite di Dado”, anche se la notizia risultava sfacciatamente falsa, ma, in paese si sa, il modo di pensare risulta piuttosto “chiuso”.
Perché Dado amava tanto la monotonia di Vignanello? Una prima risposta è fin troppo facile: poteva dedicarsi a tutto ciò che la città non gli consentiva come il leggere, lo scrivere poesie, ammirare la natura in quel magnifico giardino che fa da incomparabile scenografia al Castello, riordinare le sue cose, forse scrivere della sua incomparabile vita, dedicare tutto il suo amore ai due ultimi figli, ai quali mostrava e descriveva uno strano tatuaggio sul braccio disegnatogli, anni prima, dai Bonzi: “Una vita e una morte, poi un’altra vita e un’altra morte, è la regola”.

Una seconda risposta risulta meno profonda ma, credo, particolarmente appropriata e sicuramente rispondente alle motivazioni che lo spingevano sempre più spesso a Vignanello: “porque aqui el tiempo tiene otro ritmo!” (perchè qui lo scorrere del tempo ha un ritmo diverso), un modo di dire cubano, per sottolineare la tranquillità dell’isola caraibica.

Negli anni 1988 – 90 si presentò una seconda circostanza che mi fece apprezzare la sua gentilezza e la sua signorilità: eravamo in piazza, Loreto Seralessandri, Piero Stefani ed io, quando incontrammo Dado che usciva dal castello con i figli Tao e Bartolomeo. Salutò Piero con un sorriso ed un cenno di mano e si avvicinò a noi presentando, a Loreto ed a me, i due giovanissimi figli. Si parlò del più e del meno e poi, con tono quasi catastrofico, ci invitò ad entrare nel giardino per osservare ciò che gli era capitato la sera prima: aveva investito una spinosa, mentre tornava da Roma. Gli aculei avevano forato due delle quattro gomme della sua Citroen DS 21 Pallas e lui, per niente preoccupato, aveva proseguito per Vignanello in quelle condizioni “perché – disse – non ho mai cambiato una ruota in vita mia, figuriamoci due! Non sarei sicuramente riuscito !”
Ci fu qualche commento sull’evento, si parlò dei possibili pericoli corsi e ci offrimmo per la sostituzione delle ruote, in considerazione che Loreto possedeva un’autovettura analoga. Dado non accettò la nostra disponibilità dicendo che più tardi avrebbe provveduto Santino, il giardiniere sempre pronto a risolvere i problemi di casa Ruspoli. Di contro, per ringraziarci della solidarietà dimostrata propose, una visita guidata al Castello con illustrazione degli arredi fatta dal figlio Tao. Accettammo di buon grado ma, mentre Dado, figli e Piero si avviarono per l’inizio della visita, Loreto ed io provvedemmo alla sostituzione delle ruote a sua insaputa.
Terminato il percorso, del quale non ammirammo nulla, visto l’impegno alternativo, ritornammo in giardino e l’espressione di ringraziamento e deferenza mostrata da Dado quasi ci commosse: non finiva più di dire che non dovevamo farlo, che non sapeva come ricambiare tanta gentilezza, che dovevamo tornare per la visita al Castello, visita promessa e mai concretizzata.
Ricordo anche quanto i suoi figli amassero soggiornare a Vignanello. Tao giocava con la mia figlia maggiore Eleonora, sua coetanea, e Bartolomeo giocava spesso con la mia figlia minore, Elena, insieme a Chiara, figlia di Piero e sua coetanea. Ricordo ancora Tao che seguiva Piero, e qualche volta me, in commissioni di lavoro nel Viterbese: la mamma di Tao, Debra, lo affidava a noi in abbigliamento molto “disinvolto”, una carota per la colazione e la raccomandazione di non comperagli dolci. Si partiva alle ore 9 circa e si rientrava all’ora di pranzo. Tao era felicissimo!
Ricordo anche la “spesa” fatta da Bartolomeo nel negozio di mio cognato Adriano Chiricozzi. Bartolomeo parlava, da bambino, in perfetto dialetto vignanellese come se quella fosse la sua vera natura. Doveva acquistare un coltellino da tasca. Lo indicò ad Adriano ed al momento del pagamento se ne uscì in questo modo: “Ddoppo ppaghe mi’ pà’”. 
Ho avuto il piacere e la fortuna di conoscere meglio Dado Ruspoli dal 1992 in occasione di manifestazioni che miravano a far conoscere il nostro paese e tutto ciò che ci rende orgogliosi di appartenervi.
Per Vignanello, con il prof. Piero Stefani, curammo due manifestazioni (accennate in altre circostanze): la partecipazione alla trasmissione RAI “Uno Mattina” (anno 1992) e le manifestazioni “Acconciatura e moda” per due anni consecutivi (1999 e 2000). In ciascuna delle circostanze, Dado si rese disponibile alla partecipazione e noi lo utilizzammo come ospite d’onore. Fu un’esperienza indimenticabile, di cui ancora, con Piero ed altri amici, parliamo ridendone di cuore.
La trasmissione “Uno Mattina” aveva orari impossibili: andava in onda alle ore 07,00 e pertanto tutto doveva essere pronto, come se fossimo in onda, alle ore 06,30.
L’appuntamento venne fissato alle ore 06,00 nei locali del Bar Moderno per gli ultimi dettagli, ma Piero Stefani era preoccupatissimo per un possibile forfait di Dado Ruspoli, vista l’ora per lui quasi impossibile.
Il Bar Moderno iniziava la sua giornata alle 05,00 e, quando alle 05,30 andai a prendere Piero Stefani, pregammo affinché non si verificassero contrattempi. Arrivammo in Piazza ed entrammo con apprensione nei locali del Bar, per controllare le presenze: la prima cosa che ci saltò agli occhi fu una sagoma simil-umana appoggiata con il tronco su di un piccolo tavolo circolare in marmo, con la testa coperta da un cappello Borsalino a falda larga, tale da non poter permettere l’individuazione del soggetto, al quale, per la verità, non prestammo molto caso.
Ci dirigemmo invece verso il barista per chiedere notizie di Dado. Con voce bassa, per non disturbare, e con mimica indicazione del soggetto precedentemente descritto, il gestore del bar ci disse: “ E’ ‘rivato ‘sta mattina qquanno ho aperto. S’è messo a dormì e m’ha detto de chiamallo qquanno era ora”.
Restammo stupefatti da tanto attaccamento al dovere, un aspetto che in Dado non avremmo mai immaginato.
Per “Uno mattina”, quella si dimostrò una puntata memorabile. Si dovevano presentare all’Italia, oltre alle varie pietanze culinarie locali, dolci saporitissimi, prodotti della nostra terra (vino, nocciole e castagne), il valente Gruppo Sbandieratori e lo sfarzoso Corteo Storico.
Ero particolarmente emozionato per quella che doveva essere la mia “performance” televisiva. Fumavo in continuazione e avevo la sensazione di non ricordare più ciò che dovevo dire. Dado si avvicinò con quel suo disarmante sorriso: “Coraggio Tommaso, l’emozione dura un attimo! Dura quanto un breve primo bacio ad una donna dalla bellezza sconvolgente: già al secondo bacio, l’emozione è scomparsa!” Poco più tardi constatai la veridicità delle sue parole.

Dovevo presentare un’antica pietanza (frutto di completa fantasia) denominato “pallozzo campagnolo”, piatto del quale spiegai accuratamente, in diretta televisiva, i particolari della raccolta degli ingredienti, gli accorgimenti di preparazione e del quale, infine decantai le fantasiose virtù afrodisiache. 
Ricordo che anche la conduttrice, Sig.ra Annalisa Manduca, riusciva, a stento, a trattenere l’ilarità causata dalla descrizione del fenomenale piatto. Fu Dado che ci salvò da una pessima figura televisiva: la Sig.ra Manduca, oramai colta da irrefrenabile riso, cercando un motivo per cambiare argomento, chiese al principe Ruspoli, che l’aveva accolta sorridendo sull’entrata principale del Castello, se la sua prolificità fosse dovuta all’uso del “pallozzo campagnolo”; la risposta, con tono fiero, fu perentoria: “Io, SONO il Pallozzo!!”. 
Ci fu una gran risata generale e tutti potemmo sfogare l’ilarità, repressa nel corso della presentazione di UNA PIETANZA CHE NON C’E’.

Anche per una delle manifestazioni di “Acconciatura e Moda”, che si svolgeva sempre in Piazza della Repubblica ed ospitata, per la preparazione dei partecipanti, nei locali del Bar Moderno, ci diede l’occasione di apprezzare la disponibilità e la signorilità del nostro amato Dado, soprattutto nelle situazioni in cui poteva rendersi utile per il “suo paese” (coma amava dire spesso).
Il numero delle ragazze, che dovevano partecipare alla sfilata, era enorme e ci si rese conto che gli spazi di cui disponevamo erano insufficienti. Avendo urgente necessità di altri spazi per la sfilata dedicata agli Abiti da Sposa, essendo presente Dado a Vignanello, si pensò di chiedere ospitalità ed utilizzare i locali d’ingresso del Castello. L’incomodo non era da poco! L’uso dei locali doveva essere concesso fin dall’inizio della mattinata per poter preparare il necessario. Il portone d’ingresso del Castello doveva rimanere aperto dal mattino fino al termine della manifestazione. Inoltre il via vai continuo degli operatori e truccatori non avrebbe lasciato grande tranquillità al principe. Si esposero tutte queste cose per dovere di chiarezza, ma non ci furono difficoltà: Dado si rese subito disponibile e concesse tale spazio. Impressionante la disponibilità, era come se i suoi spazi privati fossero di uso abituale per tutti i concittadini: accese luci, dispose tavoli e sedie, offrì anche bevande a coloro che erano impegnati a predisporre quanto necessario prima, durante e dopo la sfilata.
Nel corso della seconda manifestazione “Acconciatura e Moda” lo ringraziammo in modo molto suggestivo: lo facemmo sfilare in passerella. Doveva dare il braccio ad una bellissima ragazza in abbigliamento intimo molto succinto e provocante. Dado non fece una “piega”, porse il suo braccio, assunse la sua abituale eretta posizione e con passo “nobile”, come in una sfilata regale, percorse sorridendo l’intera passerella tra gli applausi fragorosi del pubblico presente.

Dado si allontanava molto poco dal suo Castello, quando soggiornava in Vignanello. I suoi luoghi preferiti erano la Piazza, i caratteristici vicoli circostanti, l’immenso giardino all’italiana, dove trascorreva parte delle giornate, ed il bosco del grande Parco.
Quando venivano i suoi figli a fargli visita, spesso Tao, poco Bartolomeo, meno Francesco, il castello era in festa: passeggiava con Tao facendosi riprendere e fotografare mentre girovagavano per Vignanello, mentre camminavano per il Parco, mentre declamava le sue apprezzabili poesie o disquisiva di argomenti disparati: dissertazioni sulla filosofia di vita, sul centro del mondo, sulle sensazioni di vita vissuta, sulla conoscenza dei “segreti ritrovi” romani, pieni di fascino e di tradizione.

Voglio, ancora, ricordare alcune di queste ineguagliabili testimonianze di vita, di amore, di profonda cultura e di encomiabile “spirito”:
una volta qualcuno gli chiese: “Lei non ha mai lavorato?” “No, – fu la replica – non ho mai avuto il tempo per farlo!”; 
ormai sofferente per le malattie sopraggiunte, si muoveva con difficoltà per le vie del centro di Roma, ma non aveva perso l’abitudine di osservare le belle ragazze; se capitava di incontrare il suo sguardo in tali circostanze, lui sospirava: “Certe meraviglie ti rimettono al mondo”. Poi toccava i tubicini di plastica del naso. Rideva: “ Si fa per dire”. (Paolo Conti. Corriere della Sera 12.01.05);
quando ebbe il suo quinto figlio, all’età di 73 anni, era molto contento del suo ruolo di padre di famiglia. Era contento della sua continua vitalità. “Io sono un albero ancora pieno di frutto, – amava dire – quando tutto intorno a me vedo tante vite appassite”. (Telegraph. 15.01.2005);
“Una personalità eclettica: poeta, astrologo, attore. Dietro il personaggio mondano, ho scoperto un uomo diverso, che aveva sofferto”. Così la pittrice e scrittrice d’origine francese, Nancy Ruspoli, la seconda moglie di Dado Ruspoli, e madre del primo figlio del principe, descriveva l’ex marito e le loro storia. “Ci siamo fidanzati e sposati. Nel ’67 è nato nostro figlio, a cui ho dedicato il libro ‘I sogni di Francesco’. Dado è stato un compagno perfetto per quanto riguarda la mia vita spirituale. Mi ha introdotta alla meditazione e poi ho incominciato un percorso che mi ha portato alle tecniche siddhi ed al Kalachekra con il Dalai Lama” (Italia Oggi. 12 gennaio 2005. Ansa.it);
così lo ricordavano, afflitti, anche i dipendenti: “un signore nato, gentile, una battuta per tutti. La sua morte apre un vuoto perché viene a mancare una persona unica” (Italia Oggi. Ansa.it 12.01.2005).

Dado va anche ricordato per alcuni aforismi e per alcune citazioni in libertà che desidero partecipare a chi non le conosce, con lo scopo di mostrare il suo vero spirito: 
Affermava che: “bisogna morire molte volte per imparare a vivere”. Una citazione ricorrente riportata anche in Corriere della Sera, 12 gennaio 2005;
parlando di Brigitte Bardot (ospite al Castello Ruspoli in occasione del Battesimo del primogenito Francesco) sua amica da tempo, così la descriveva: “Ricordo Brigitte bellissima, mascherata da leopardo, ma sempre così sola “dentro”, un male cupo che la perseguitava”;
due citazioni: una prima in Corriere della Sera del 14.08.1999: “Solo una cosa è ormai gratuita in Italia: l’educazione. Perché non abusarne?”;
simpatica la seconda, sempre in Corriere della Sera del 09.11.2004: “sono un vecchio, e lo dico perché mi sono profondamente antipatiche le parole che ghettizzano le categorie, siano esse parole come anziano, turista, neri bianchi o gialli. Anni or sono capii che si entrava in questo brutto periodo quando qualcuno mi chiese se io fossi sportivo e, quando risposi affermativamente, elencando gli sport che praticavo, mi rispose: “ma no, voglio solo sapere se segui le partite di calcio in televisione”, e quello fu l’inizio della fine: i viaggiatori si estinsero con la nascita dei turisti; i vecchi con gli anziani”.

Il mio lavoro è terminato! Spero di aver trasmesso, a tutti i lettori, le stesse sensazioni di ammirazione che ho avuto, e che ho ancora rinchiuse in me, di un uomo singolare, singolare come la sua personalità. 
Il principe mi interessa meno, fa parte di una condizione che ci si ritrova alla nascita, ma non è sufficiente per estrinsecare il carattere ed i sentimenti dell’anima.
Far rivivere Dado non è poi tanto difficile: qualche breve “clic” in www.youtube.com e la ricerca di: “Moments with papà Dado” magistralmente ripresi e pubblicati da Tao Ruspoli, al quale porgo il mio personale ringraziamento per la possibilità di rivedere e ricordare colui che avrebbe spiritosamente descritto il suo passaggio in questa vita terrena affermando: “I’ll be back” (Tornerò!) 
Desidero salutarVi con due componimenti poetici di Dado: due componimenti bellissimi e pieni di quella tenerezza che la sua persona interpretava, quando era costretto a respirare con una bombola d’ossigeno:

  

Intensità, intensità, intensità.
Che Dio mi conservi l’intensità
nel recepire, nello sguardo, nel sentire.
Nel sentire Dio ovunque,
in ogni fiore che sboccia, 
in ogni tramonto che vedo.


(Scritta a Fregene)
Siamo in riva al mare, è primavera.
Tutto rifiorisce.
Soltanto io sfiorisco
vivendo il mio inverno giorno dopo giorno.
Ma quanto è bello invecchiare
perdendo le proprie foglie e restare all’essenziale.


Vignanello, li 24 Agosto 2010