Crisi ambientale? Occasione di progresso!
di Massimo Mastrangeli
Il dibattito sulla crisi ambientale planetaria
incombe e penetra ormai (o forse finalmente) in ogni spazio di
discussione, pubblico e privato. Punti di vista, talvolta diametralmente
opposti, si fronteggiano su un campo di indagine estremamente vasto,
sfaccettato e oltremodo complesso (se non altro perchè riflesso diretto
della struttura e organizzazione stessa del pianeta che abitiamo).
Analisi, proposte, previsioni, scetticismo, disinteresse, ignoranza e
speculazione si incalzano a spron battuto per conquistare l'appoggio
dell'opinione pubblica, e ( o forse) sopratutto per imporre la direzione
preferibile sulle manovre geopolitiche globali. La posta in gioco è
altissima. Pertanto, a comitati di scienziati e pannelli di esperti, che
descrivono schiettamente i sintomi della malattia mondiale e prescrivono
rimedi di molteplice natura, si oppongono anche personaggi ambigui,
pagati da fonti altrettanto oscure espressamente per diffondere in
maniera attendibile quanto capillare incertezza, disinformazione e senso
di inettitudine. Il tutto condito con tanta paura.
Del resto, è ben noto a tutti che, mantenendo il ritmo di consumo
attuale, le risorse mondiali di metalli saranno esaurite entro pochi
lustri; che il petrolio e i combustibili fossili gli faranno compagnia
essendo già quasi finiti; che le foreste stanno scomparendo a ritmi
impressionanti; che l'aria, le acque ed i terreni di mezzo mondo sono
inquinati e causa di malattie ed epidemie tremende. E non
dimentichiamoci che la prossima glaciazione è sempre più imminente.
Ora, con questo "global cooling" sulle spalle quale speranza
ispira a guardare agli anni venturi, noi cittadini del 1968
A. D.?
Spero di essere riuscito a soprendervi a sufficienza con questo piccolo
sketch (basato chiaramente su fatti veri, che potete controllare
personalmente, e che qualcuno dei lettori più vecchi di me potrà anzi
confermare personalmente!), così che il mio intento provocatorio sia da
ora chiarito.
Infatti, se aggiornate la data finale a quella di oggi e sostituite
"warming" a "cooling" ottenete dal testo di sopra,
penso ne converrete, una sommaria descrizione della situazione del presente.
E' cambiata la polarità del
fenomeno, non l'atteggiamento e lo spettacolo che lo circonda (almeno
nella percezione mediatica).
Nel corso del secolo scorso infatti siamo stati di continuo (e
continuiamo evidentemente ad esserlo!) fronteggiati da crisi ambientali
irrevocabili, sostenute a gran voce da scienziati di chiara fama (che
addirittura prevedevano la data precisa dell'esaurimento del rame, e una
lunga serie di cose simili; nonostante il fallimento delle previsioni,
essi continuano a prevedere l'imminente catastrofe, forse perchè a fare
previsioni ottimistiche non si è degni di nota...). Nulla di questo si
è ancora verificato (ma con ciò sono lungi dal negare l'esistenza dei
problemi correlati!): le foreste (pur innegabilmente divorate) sono
tuttavia ancora in terra, anzi nell'emisfero settentrionale sono in
espansione; i metalli (solo a titolo di esempio tra le risorse non
rinnovabili (almeno sulla Terra...)) e i combustibili fossili sono
ancora in circolo (purtroppo!)... Ma a partire dalla fine degli anni '80
si è iniziato a parlare di riscaldamento globale. Ecco la novità! Ed
oggi esso si è affermato come nuovo paradigma (nel senso introdotto da
Kuhn).
Conviene pertanto focalizzare, come ci insegnerebbe, ad esempio,
Einstein, su ciò che è rimasto uguale nello sviluppo della vicenda.
L'invariante del sistema è l'atmosfera di crisi permanente, che da
decenni permea ogni discussione riguardante l'ambiente. Pur tralasciando
in questa sede i riferimenti alle tecniche di controllo di massa, che da
secoli vedono nella paura l'ingrediente cardinale, non deve oltretutto
sfuggire l'apparente schizofrenia della società (occidental(izzata),
quantomeno) che nonostante il perenne campanello d'allarme, o se si
preferisce la pressione ambientalista, non ha mai sostanzialmente mutato
i propri ritmi e costumi (e consumi!) di vita. Colpa di una semplice
assuefazione? O forse della 'inerzia di massa', coadiuvata da una troppo
lenta presa di coscienza del popolo e probabilmente da una consenziente
volontà di entità multinazionali?
Non sono in grado di dirvi se il riscaldamento globale è reale o meno,
se quello che è (anzi, non è!) accaduto lo scorso inverno astronomico
è naturale o artificiale, se è tutta colpa della specie homo sapiens
sapiens o se per coincidenza assistiamo a un picco di emissione di
radiazione solare di durata anomala.
Non so, lo ammetto; ho solo dei sospetti. Ma non voglio aver paura del cambiamento, se esso come sembra ci
sarà.
Credo che il nostro tenore di vita, e ciò che in vita lo mantiene, non
siano estendibili arbitrariamente, nè nel tempo nè nello spazio. Scopi
quali la cancellazione del concetto di "rifiuto" da ogni ciclo
di produzione, sostituito da quello di riciclaggio/riutilizzo; di società
interamente eco-sostenibile; di veicoli ed impianti ad emissioni
ambientali trascurabili o nulle; di gestione razionale delle risorse
non-rinnovabili; di approvvigionamento energetico esclusivamente da
fonti rinnovabili (solare, eolico, geotermico, bio-combustibili, ...);
di ripristino delle condizioni dei terreni, dell'aria e delle acque;
simili traguardi dovrebbero essere perseguiti di
per sè, perchè consistenti, soddisfacenti, vitali e prezioni
per loro natura e per tutti (sarebbe d'accordo anche Kant!), a
prescindere dalle contingenze economico-ambientali del momento. Non
dovremmo aver bisogno di crisi e sensi di colpa per perseguirli! In
questo senso, l'allarme ambientale diffuso, qualunque sia il giudizio su
di esso, dovrebbe essere accolto o (re)interpretato come un (ulteriore!)
incentivo alla rottamazione di abitudini innaturali per intraprendere
finalmente passi sostanziali verso un vero progresso.
Infine, mai come in quest'epoca della interconnessione in tempo reale,
globale quanto capillare, ha posseduto la società umana possibilità di
cambiamento (e di velocità di transizione!) comparabili con quelle di
cui disponiamo oggi. Possibilità di auto-organizzazione "dal
basso", eventualmente svincolate dal controllo mass-mediatico e che
possono quindi prescindere dai vetusti canali regimentali.
L'epoca dell'informazione "on demand" capita forse proprio nel
momento in cui più ne abbiamo bisogno. Forse non possiamo permetterci
di perdere questa occasione di progresso.
Massimo Mastrangeli,
Leuven (Belgio), 14 aprile 2007
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