10.11.08
Repetita iuvant
di Maxfor

Perdersi e ritrovarsi...

Amara se ne sta seduta accanto alla finestra sporca di ditate di grasso e tracce di pioggia mal lavata. Un bambino gioca nel centro della piazza con un cane facendolo saltare e correre in tondo. Raccatta da terra un sasso e lo lancia verso il fondo della piazza. Il cane si precipita, raccoglie la pietra con i denti e la riporta scodinzolando al bambino che si pulisce il moccio con la manica di una camiciola rosso stinto, tutta rattoppata e ricucita.

Il cane posa la pietra proprio davanti alle punte delle scarpe scalcagnate del bimbo, che si china a raccoglierla e serio, serissimo, la lancia un'altra volta verso le aiole che si trovano dall'altra parte della piazza. Il cane parte come una freccia. Cerca la pietra correndo in tondo col muso raso terra, la trova, l'addenta e fa il cammino inverso saltando come una lepre su ogni ostacolo.

Amara li osserva incantata. E' un gioco che potrebbe non avere mai fine. Il gioco della perdita improvvisa e del ritrovamento, dell'andata e del ritorno. Chissà  cos'è che diverte tanto sia il bambino che il cane. La ripetizione di un gesto già  conosciuto in partenza? La libertà  di una corsa inutile e per questo assolutamente gratuita, senza scopo? La gioia di agire all'unisono, uno di qua e uno di là  della piazza?

C'è qualcosa di insensato nella ripetizione. Eppure può dare tanta pace. Le ninnananne non sono basate sulla ripetizione? le formule magiche, le preghiere non sono intrise di ripetizione? Più si ripetono i gesti e meno si comprendono. E in quella incomprensione sta l'arcano di un gioco che imita i misteri dell'universo.

Dal romanzo "Il treno dell'ultima notte" di Dacia Maraini.