07.08.10
Salvate il soldato Edward
di Vincenzo Pacelli

Edward Insalaco è un soldato americano che alla fine della Seconda Guerra Mondiale venne ospitato dai Vignanellesi mentre fuggiva dai soldati nazisti.

Nel '96 l'ex prigioniero di guerra è tornato qui, a Vignanello, ed ha consegnato al comune una targa in metallo con su scritti i suoi sentiti e commossi ringraziamenti per la bontà dei cittadini vignanellesi.

Oggi Edward ha più di ottanta anni, nel 2008 ha scritto una lettera al sindaco di Vignanello chiedendogli se: "la piastra è ancora la proprieta del vostro ufficio". 

Ebbene, quella piastra non c'è più e non so se ci sia mai stata. Io ricordo di averla vista nel '97, appoggiata su un tavolo nelle stanze all'ultimo piano che custodiscono i volumi dell'archivio storico. Non ne sono certo, ma mi sembra di ricordare che fosse ancora lì, da una parte, impolverata, nel 2003, quando ho avuto occasione di tornare in quei locali, poi più niente, la targa è svanita nel nulla. Ho domandato a più di qualcuno, anche con l'aiuto della bibliotecaria Francesca Piermartini, se si sapesse che fine avesse fatto, ma niente, nessuna traccia.

Ora mi chiedo, è possibile che sia stata semplicemente spostata, messa in un angolo ancora più nascosto, o peggio è stata portata via da qualcuno? Qualcuno ne sa qualcosa?

In ogni caso, possibile che nessuno dell'Amministrazione abbia a cuore una questione tanto elementare? Non si tratta solo di un documento storico, si tratta della manifestazione di affetto di un ex-prigioniero di guerra, testimonianza dell'ospitalità e della solidarietà della nostra popolazione in un momento tanto drammatico.

Non sono in tanti a poter gestire le chiavi di quelle stanze, possibile che non si riesca a sapere che fine ha fatto la targa? Avrà avuto una dimensione di circa 50x70cm, non è che uno se la può infilare sotto la giacca!

  Probabilmente Edward non tornerà più in Italia, ma almeno una foto della targa gliela potremmo inviare, giusto per testimoniare la nostra riconoscenza alla sua riconoscenza.

Nel frattempo ho scritto una mail ad Edward ed ho trovato queste sue foto su un sito americano, sono del novembre 2009. Se quel "24" che è nella sua mail corrisponde, come immagino, al suo anno di nascita, fate voi il conto di quanti anni ha oggi...

Questa la traduzione della didascalia sotto la foto:

7 Novembre 2009. Edward Insalaco, di Willimantic, Connecticut, veterano della Seconda Guerra Mondiale, seduto nella parte posteriore del bus per il Memoriale della Seconda Guerra Mondiale a Washington, DC. 
Durante la Seconda Guerra Mondiale, Insalaco fu catturato in Italia, scappato da un campo di guerra, ha vissuto in grotte e vagò senza cibo per un mese prima di consegnarsi agli alleati.
Qualche anno fa è tornato in Italia e ha ringraziato gli abitanti del paese che lo ha salvato con una targa.

 

31.08.10
Eddie Insalaco, classe 1925, ha risposto all'e-mail!
di Vincenzo Pacelli

Buone, anzi ottime, nuove. Il caro Eddie ha risposto alla mia lettera elettronica. Abbiamo avuto uno scambio di e-mail e alla fine mi ha chiesto il mio indirizzo (fisico) per inviarmi due articoli in cui racconta la sua esperienza da prigioniero dei nazisti e la sua liberazione avvenuta a Vignanello. Gli articoli sono arrivati, gli ho dato uno sguardo al volo e... datemi qualche giorno per tradurli per bene che poi ve li pubblico :-)
A presto, Vincenzo

 

02.10.10
Come promesso, ecco la traduzione
di Vincenzo Pacelli

Letti tutti e due gli articoli inviatimi da Edward, ho deciso di trascrivere e tradurre il più interessante, l'altro ve lo proporrò successivamente. Sto scrivendo un breve articolo in proposito per la rivista CRONOS e lì troverete altri approfondimenti in proposito. Per ora godetevi la lettura di questo articolo, uscito nell'aprile del '95 su The Hartford Courant.

Edward Insalaco, un membro della 88a divisione di fanteria dell’Esercito Americano, in Italia durante la Seconda Guerra Mondiale, fu catturato dai soldati tedeschi nei pressi del Canale di Itri nel maggio 1944 e fu tenuto come prigioniero di guerra per poco tempo, prima di scappare nel paese di Vignanello, nel giugno 1944.

Gli incubi di un ex-prigioniero di guerra svaniscono in un paesino italiano
di Laura Ungar

Edward Insalaco sentì i proiettili a scatto sopra la sua testa mentre strisciava lungo le pendici di una montagna nei pressi del Canale di Itri in Italia.
I soldati nemici gridavano in tedesco. “Sono finito” pensò, mentre giaceva nella polvere.
I Tedeschi non uccisero Insalaco quel giorno di maggio del 1944. Lo catturarono, insieme a una mezza dozzina di altri soldati americani. Quella che era iniziata come una missione per portare rifornimenti al fronte si trasformò in settimane di terrore per questo soldato dell’88° Divisione Fanteria dell’Esercito Americano.
Ma durante quei giorni di paura di mezzo secolo fa, in un piccolo paese italiano, Insalaco trovò anche gentilezza. E decenni dopo la guerra, dopo anni di dolorosi ricordi, è stato in questo stesso paese nel nord Italia che Insalaco è tornato a trovare la pace.

La sofferenza e la compassione.
Dopo i Tedeschi portarono via Insalaco dalla montagna, trasportarono lui e pochi altri in un campo di prigionia poco a sud di Roma, in una zona conosciuta come la “Hollywood italiana”. Là i prigionieri dormirono in uno studio cinematografico pieno di paglia e pidocchi.
Circa una settimana più tardi, le guardie tedesche svegliarono i prigionieri nel mezzo della notte e dissero loro di dirigersi verso nord, verso la Germania. Sotto la luna, marciarono. Vivevano di pagnotte di pane e acqua, e pane carbonizzato che avevano trovato in un camion andato a fuoco. I soldati tedeschi passavano e gli sputavano addosso.
Dopo tre notti di marcia, Insalaco e più o meno altri 25 compagni di prigionia arrivarono al centro del piccolo paese di Vignanello, circa 30 miglia a nord di Roma. Ma in questa fase  della guerra, l’Italia si era arresa e Vignanello era una delle tante aree occupate dalle truppe tedesche.
Immediatamente centinaia di persone si precipitarono fuori dalle loro case e negozi. Portarono pezzi di pane e sigarette ai prigionieri. Portarono un pentolone con della minestra in mezzo alla strada.
I soldati tedeschi adirati sparavano pallottole sopra le teste degli abitanti.
La maggior parte delle persone scappò. Ma un uomo, in piedi su un balcone al terzo piano – che Insalaco ha più tardi scoperto essere il proprietario di una tabaccheria – continuò a buttar giù sigarette ai prigionieri. Una guardia tedesca sparò all’uomo colpendolo ad una spalla e lui s’accasciò. Insalaco pensò fosse morto.

I prigionieri marciarono fino ad un edificio bianco, appena fuori la piazza del paese, lì i Tedeschi li rinchiusero nel seminterrato. Non c’erano finestre, nessuna luce, nessuna conversazione. Il pavimento era sporco.
A un certo punto, Insalaco notò che la porta si era mossa. Un bambino ed una donna anziana erano riusciti, in qualche modo, a forzare la porta.
“Scapa, scapa” gridò la donna. Insalaco, che è di origini italiane e lavorava come interprete per la sua unità dell’esercito, conosceva il significato di questa parola: “Scappa”.

Insalaco sgattaiolò fuori dalla porta e attraversò i binari della ferrovia verso le colline vicine. Crollò, esausto, in un campo. Poi sentì delle voci, altri due prigionieri erano fuggiti.
I tre si incamminarono dentro una grotta, pensando di potersi nascondere lì. Vi trovarono gruppi di abitanti lì rifugiati per proteggersi dalle bombe degli Americani che a volte colpivano il paese.

Per tre giorni, gli abitanti del paese permisero a Insalaco e agli altri due prigionieri di condividere le loro grotte. Portarono loro pane e vino dal paese. Permisero ai prigionieri di prendere patate da un orto vicino.
Poi, una notte, Insalaco vide le bombe cadere sul paese. Al mattino, vide un camion con una stella su un lato. Truppe americane. Stava per tornare a casa.

Guarire le ferite
Tornato negli Stati Uniti, Insalaco si trasferì a Mansfeld e divenne barbiere a Willimantic. Si sposò e crebbe tre figlie. Ma la sua esperienza di prigioniero di guerra lo tormentava, tornando più e più volte nei suoi incubi.
Per molti anni Insalaco non ha voluto parlare della sua esperienza come prigioniero. Quando gli altri tiravano fuori la Seconda Guerra Mondiale, lui velocemente faceva cadere l’argomento, ricorda sua moglie June.
Ma con il passare dei decenni, Insalaco ha cominciato a credere che ritornare in Italia lo avrebbe potuto aiutare a guarire le sue ferite psicologiche.
Patrick Harrington, di Windam, un suo amico di vecchia data e veterano della Seconda Guerra Mondiale anche lui, entrò un giorno nel suo negozio di barbiere con informazioni riguardo ad un’agenzia di viaggi per l’Italia.  

“Penso che dovremmo andare”, disse Harrington a Insalaco.

Nel 1991 i due volarono in Italia. Andarono con il cognato di Harrington, Roland Vertefeuille, che vive appena fuori Roma. E visitarono Vignanello.
In un bar nella piazza del paese, chiesero se qualcuno ricordava cosa era accaduto durante la Seconda Guerra Mondiale. Alcuni clienti indicarono verso un vicino distributore di benzina un uomo chiamato Angelo Mastromichele.
Mastromichele era un ragazzo di circa 12 anni quando Insalaco era un soldato. Lui si ricordava tutto. I due erano lì, uno di fronte all’altro, con gli “occhi lucidi”, ricorda Vertefeuille. Si abbracciarono e si baciarono sulle guance. Gli abitanti del luogo, incuriositi da questa manifestazione di affetto, si radunarono attorno.
Una volta appreso cosa era accaduto, portarono fuori bottiglie di vino.
Dopo questa improvvisata celebrazione, Insalaco portò i suoi amici nei luoghi che aveva conosciuto da prigioniero. Il seminterrato. Le grotte. I binari della ferrovia.

I tre si avvicinarono al balcone dal quale il tabaccaio aveva buttato le sigarette. Mastromichele spiegò che l’uomo non era morto per la ferita degli spari, era vissuto per altri anni.
I fori dei proiettili attorno al balcone erano stati rattoppati, come il dolore di Insalaco.

“Ed è stato un ragazzo nervoso per anni. Avresti potuto vedere la differenza il lui appena terminata la visita”, disse Harrington. “Lui ora è in pace. Lo è veramente”.

Insalaco, oggi settantenne, ha accettato il suo ruolo passato come soldato e prigioniero. A casa sua, vicino alle foto dei suoi figli e nipoti, ha appeso una cartina dell’Italia, dove ha tracciato il suo viaggio durante la Seconda Guerra Mondiale.
Lo scorso ottobre, per il Cinquantenario della sua esperienza di prigioniero di guerra, Insalaco è tornato a Vignanello.

Questa volta, ha portato una targa. Dice, in Italiano: “Ai cittadini di Vignanello, Italia. Vorrei esprimere i miei sentimenti di ringraziamento per tutte le cortesie date a me ad ai 24 altri prigionieri di guerra, mentre eravamo tenuti prigionieri nel vostro paese durante giugno del 1944”

L’ha appesa nel bar del figlio di Mastromichele. Voleva che la vedesse la gente comune del paese.

“Ho riempito un vuoto nella mia vita” ha detto Insalaco, “Mi resi conto, ‘Dio mio, ho passato tutto questo e sono sopravvissuto’”.

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P.S. Oltre alla targa donata a Angelo Mastromichele nel '91, Eddie è tornato a Vignanello nel '94 e nel '96, quando ha donato un'altra targa di ringraziamento, questa volta all'Amministrazione Comunale, di tale targa si è persa ogni traccia.
In un prossimo aggiornamento le foto che mi ha inviato Insalaco, di quando è stato a Vignanello.

Ecco di seguito l'articolo originale,
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