18.01.08 Se il Papa è andato via... di Vincenzo Pacelli
In nome del popolo sovrano è un bellissimo film di
Luigi
Magni, con un formidabile Alberto Sordi e uno spettacolare Nino Manfredi, senza dimenticare Massimo Wertmuller, Elena Sofia Ricci e, scusate se è poco, le
splendide musiche di Nicola Piovani.
E' un modo come un altro per ripassarsi dilettevolmente un po' di storia
patria, per ricordarci da dove veniamo, grazie a chi siamo quello che
siamo, stiamo come stiamo, oppure, se preferite, per colpa di chi non siamo come
avremmo dovuto essere...
I fatti si svolgono esattamente 150 anni fa, nel 1848. Roma era governata da Papa
Pio
IX, nei confronti del quale i sudditi dello Stato della Chiesa iniziavano a nutrire, ormai da qualche tempo, sentimenti di diffidenza. Si era diffuso un certo malcontento popolare, si susseguivano manifestazioni di piazza e moti popolari, compreso un tentativo di assalto al Palazzo del Quirinale, allora residenza del pontefice.
Per farla breve (non è questa la sede (o se preferite, il sito) per raccontare tutte le complesse vicende storiche) la notte del 24 novembre Pio IX pensò bene di scappare da Roma e rifugiarsi a Gaeta.
I Romani, tomi tomi, il 20 dicembre annunciarono la convocazione di una Costituente ed il 23 venne formato un governo provvisorio. Quando vennero convocate le elezioni per il 21-22 gennaio 1849, il Papa, da quel di Gaeta, minacciò di scomunica tutti coloro che vi avessero partecipato, ma le elezioni si svolsero ugualmente e decretarono la vittoria dei democratici, con l’elezione, fra gli altri, di Garibaldi e Mazzini.
Il 5 febbraio 1849 venne proclamata la Repubblica
Romana, sotto la guida di Giuseppe
Mazzini, Aurelio Saffi e Carlo Armellini.
Proseguirono le battaglie e dopo un assedio durato un mese, il 3 luglio le truppe francesi entrarono a Roma e la repubblica venne soppressa. Pio IX tornò e riprese il potere.
Nicolas Oudinot, il generale a capo del corpo di spedizione francese, definirà i rivoltosi come
“pochi faziosi traviati”, li bollerà come “una fazione straniera responsabile di un’empia guerra” e parlava di Mazzini, Garibaldi, Mameli.
Giuseppe Mazzini, in un’ultima lettera ai romani scrisse: “...la forza brutale ha sottomesso la vostra città, ma non scemato o mutato i vostri diritti... Dai municipii esca ripetuta con fermezza tranquilla d’accento la dichiarazione ch’essi aderiscono volontari alla forma repubblicana e all’abolizione del governo temporale del Papa... Per le vie, nei teatri, in ogni luogo di governo, sorga un grido: Fuori il governo dei preti! Libero Voto!...”.
La Repubblica Romana, pur nella sua brevissima vita, fu un’esperienza significativa. In quei pochi mesi Roma passò dalla condizione di stato tra i più arretrati d’Europa a banco di prova delle nuove idee che allora si stavano diffondendo, fra cui il suffragio universale maschile, l’abolizione della pena di morte e la libertà di culto, realtà impensabili nello Stato Pontificio, e che soltanto più tardi si sarebbero diffuse in Europa.
Non a torto, i rivoluzionari romani, 150 anni fa, cantavano:
Se il Papa è andato via, buon viaggio e così sia.
Non morirem d’affanno perchè fuggì un tiranno,
perchè si ruppe il canapo che ci legava il piè...
Ventuno anni dopo, il 20 settembre 1870, l’artiglieria del Regno d’Italia aprì la breccia di Porta Pia ed i bersaglieri entrarono a Roma, decretando la fine del potere temporale dei papi.