LA BUSTINA DI MINERVA

Le radici dell'Europa

di Umberto Eco
 

Oltre a quelle cristiane, che hanno una lobby potente, ci sono quelle giudaiche e quelle greco-romane.
E come la mettiamo con l'eredità pagana e le influenze dell'Oriente?

 
Su questo argomento avevo già scritto una Bustina nel settembre 2003 ma non sono io che mi ripeto, è la vita. Mi viene in mente la storia di quel mio amico che un giorno rientra a casa, trova in studio il quotidiano che riceve in abbonamento, se lo legge con grande interesse dalla prima all'ultima pagina, e poi si accorge che era quello di cinque anni prima, riemerso per caso sulla scrivania. Da quel giorno ha disdetto l'abbonamento, ma non era colpa del quotidiano, era ed è (specie a casa nostra) la monotona ripetitività di certi dibattiti, crisi, omicidi, concussioni, scandali, polemiche, promesse e debiti. Basta leggere oggi articoli sul delitto di Cogne uguali a quelli di cinque anni fa, e chi ha la mia età è colpito dalle analogie impressionanti tra Vallettopoli e il caso Montesi (1953) - non la morte di Wilma ma le orge di Capocotta, una carriera politica distrutta, ricatti e l'ombra di una faida tra potenti.

Torniamo al dunque. Ritrovo sui giornali l'urgenza di mettere da qualche parte un richiamo alle radici cristiane dell'Europa. Rispetto al 2003 però è stato fatto un passo avanti, e proprio sulla linea di osservazioni che in molti avevamo fatto allora: e cioè che le radici dell'Europa sono non solo cristiane bensì giudaico-cristiane. A parte il fatto che Gesù non era vikingo, non si può dimenticare il ruolo che ha avuto la Bibbia nello sviluppo della civiltà europea (a proposito, ho recentemente aderito a una petizione perché la Bibbia venga studiata nelle scuole; non si tratta di un fatto religioso, è che non si vede perché dei giovani debbano conoscere Catullo e non Geremia, Priamo e non Salomone).

Tuttavia proprio il fatto che a scuola si studino Priamo e Catullo ci ricorda che l'Europa nasce su radici che non sono soltanto giudaico-cristiane ma anche greco-romane. A parte la storia dell'arte o la funzione dell'immaginario mitologico in tutta la poesia europea, senza Platone e Aristotele non ci sarebbe stata neppure la teologia cristiana, non c'è bisogno di ricordare la presenza del diritto romano nelle istituzioni europee, e il latino che si vorrebbe reintrodurre nella messa l'hanno inventato i pagani ed è diventato cristiano solo per diritto ereditario. Ma forse queste cose si dimenticano perché le radici cristiane hanno una lobby potentissima che le sostiene, mentre quelle greco-romane interessano solo qualche professore di liceo.

Naturalmente qualcuno potrebbe osservare che occorrerebbe citare anche l'influenza dei popoli germanici e la mitologia nordica (che investe persino le celebrazioni del Natale), ma la cosa è diventata patrimonio di neonazisti dalla testa rapata e quindi, se pur con rammarico, lasciamola stare.

Infine ci sarebbe da chiedersi perché le radici giudaico-cristiane caratterizzerebbero proprio l'Europa. Non caratterizzano anche le due Americhe, dal Canada all'Argentina, l'Australia e la Nuova Zelanda, l'Etiopia e l'Eritrea, l'Armenia, le Filippine? E quanto alle radici greco-romane, i modelli di Atene e di Roma erano ben presenti alla mente dei Padri della rivoluzione americana - e si pensi quanto la tradizione classica trionfi nelle architetture di Washington.

Sono allora proprio queste radici che rendono unica l'Europa come tale e non, per esempio, la compresenza di una pluralità di lingue e culture - caratteristica che manca ad altre civiltà cristiane come quelle extraeuropee? È proprio su questa pluralità che l'Europa si è un tempo sanguinosissimamente divisa, e ora ritrova criteri di convivenza e mutuo rispetto. Si potrebbe aggiungere il senso del giusto equilibrio tra sviluppo verso il futuro e culto del passato, che rende l'Europa così gelosa delle sue tradizioni e delle sue vestigia. È vero che questa coabitazione tra novità e tradizione è comune anche, per esempio, alla cultura giapponese, ma il Giappone moderno conserva solo il Giappone antico, mentre l'Europa conserva non solo le rovine greche e romane e le sue cattedrali cristiane (peraltro ricche di figure che provengono da bestiari orientali), ma anche l'Alhambra musulmana, sinagoghe e reperti pre-europei, da Altamira a Stonehenge.

E infine c'è un altro aspetto tipico della cultura europea: la curiosità per le altre culture e gli altri paesi, che è stata all'origine sia dei viaggi di Marco Polo che di mode discutibili come l'orientalismo - per non dire del gusto colonialista di ficcare il naso in casa d'altri. È vero che la curiosità (dico curiosità scientifica e non turistica) per i paesi lontani è stata anche caratteristica della civiltà islamica medievale, ma certamente non lo è di popoli cristiani di altri continenti. Una sera un consulente del Pentagono, a una cena nel corso di un congresso, mentre lo informavano sul pesce che stava mangiando, ha chiesto se il Mediterraneo fosse un lago salato. Nessun europeo colto domanderebbe mai a un americano se il Gran Lago Salato sia un mare.

Insomma, o di questa Europa mettiamo in luce tutte le radici e tutte le caratteristiche che la rendono unica, oppure non riusciamo a capire che cosa sia.

(04 aprile 2007)

fonte: http://espresso.repubblica.it/dettaglio/Le-radici-dellEuropa/1560788