27.05.08
C'è sempre una seconda volta
di Emilio Annesi

Io credo che per sapere se un posto ti piace veramente bisogna tornarci almeno una seconda volta, è solo allora che le emozioni che avevi provato la prima volta, se erano vere riesci a riprovarle di nuovo.

Mi rendo conto che sto facendo due esempi banali, ma vi posso dire che sono stato 6 o 7 volte a Parigi e credo diverse decine di volte a Venezia, eppure ogni volta che torno in queste due città, non solo riesco ad emozionarmi ancora, ma riesco addirittura a farlo ogni volta in una maniera nuova e diversa da quelle precedenti, cosa questa che mi spinge prima o poi a provare il bisogno di tornarci, magari con la scusa di accompagnarci qualcuno che non c’è stato mai.

Ed è proprio con questa scusa che sono tornato a Barcellona una seconda volta a distanza di appena un paio di mesi, evidentemente la precedente visita, mi aveva lasciato dentro qualcosa di non appagato, come per esempio la volontà di vedere il Park Guell o di visitare almeno una della case più famose di Gaudì.

Ma evidentemente non era solo questo, evidentemente per quelle strane alchimie che si creano tra te ed un posto che visiti.

Tra me e Barcellona si era creato un qualcosa che mi ha spinto a tornarci, e in tutta sincerità non saprei neanche io dirvi cos’è.

A pensarci bene nel giro di poco più di un anno ho visitato diverse località spagnole, Valencia, Madrid, Barcellona e Santiago di Compostela, ma in nessuna delle altre, ho avuto questa quasi irrefrenabile esigenza di tornarci, neanche a dire poi che a Barcellona (lingua a parte), non avessi trovato degli elementi comuni con le altre città che ho visitato, ci sono certamente delle notevoli affinità con Valencia ma anche con Madrid, forse un po’ meno con Santiago, ma Barcellona però ha avuto quel qualcosa in più.

Ovviamente quando ci torni la seconda volta, in un posto, non hai più alibi, o ti piace e allora continua ad emozionarti, oppure non ti piace o almeno non ti piace come la prima volta, e allora le emozioni più ricorrenti sono quelle di un posto bello si, però già visto, già vissuto, già consumato.

Sinceramente temevo di trovare questo sentimento una volta rimesso piede a Barcellona, ed invece non è stato così, certo non ho prenotato un nuovo viaggio a breve per tornarci, però la sensazione che prima o poi ci debba tornare ce l’ho ed anche ben nitida.

Oltre che con la città in generale, questo bisogno di tornare lo sento in particolare per un luogo ben preciso, anche qui credo di essere abbastanza banale, e chiunque è già stato a Barcellona credo lo abbia già capito, ovviamente sto parlando della Sagrada Familia, sarebbe banale dirvi che non si tratta una semplice Chiesa, infatti credo che pochi posti di culto, riescano ad attirare credenti e non, sarebbe ancora più banale dirvi che non si tratta di un semplice cantiere, tanto per rimanere nel banale e forse nell’ovvio, la mia sensazione della Sagrada Familia è che si tratti semplicemente di un sogno.

Il sogno a principio di Josef Boccabella, che seppe coinvolgere nel suo sogno il grande Gaudì, che ne fece una vera e propria ragione di vita, è il sogno sicuramente di chi alla Sagrada Familia ha lavorato e lavora, è il sogno di chi ci lavorerà e diventa inevitabilmente il sogno di chi come me la visita.

Al sogno ahimè si unisce subito una triste consapevolezza, quella che difficilmente si riuscira a vederla completata, parlo almeno per quelli della mia generazione, ma non dispero completamente a volte i sogni riescono anche a trasformarsi in miracoli.

Nessuno durante la visita ti fa previsioni per la fine dell’opera, e quando vedi gli operai e gli artigiani lavorare all’interno del Tempio, non ti danno certamente la sensazione che abbiano penali che li aspettano.

Vederli lavorare, trasmette quasi un senso di pace e tranquillità, si percepisce che provano la gioia di vedere crescere sotto le proprie mani quest’opera unica, senza dimostrare però la paura di non vederla ultimata.

Forse oltre che l’opera e il genio di Gaudì, loro hanno ancora più bene in mente il messaggio che lui dava quando gli chiedevano previsioni sulla fine dei lavori, “il mio committente” diceva “non ha fretta, Dio ha tutto il tempo del mondo”.

Certo sarebbe limitante entrare nella Sagrada Familia e vedere quanto è stato fatto e provare ad immaginare quanto ancora dovrà essere fatto, probabilmente chi entra con questo spirito, non sentirà neanche il bisogno di ritornarci di nuovo.

Non so esattamente con quale spirito sono entrato là dentro, ma sento ben vivo in me di aver interpretato come ho già detto, la costruzione del Tempio come un sogno, che subito ho sentito come mio e poco importa forse se nel corso della mia esistenza lo splendido sogno rimanga tale, oppure si trasformi in realtà, l’importante è sicuramente esserne stato parte.

Ciao a tutti Emilio