20.11.09
Il problemone dei crocifissi nelle aule
di Vincenzo Pacelli

Togliamo i crocifissi / lasciamo i crocifissi: un problemone! No, seriamente, voglio dire, mi viene da chiedermi, come mai tutto questo accanimento, questo astio, questo malumore? 
Nel senso: i crocifissi nelle aule delle scuole italiane ci sono da sempre, da quando tutti i bambini che andavano a scuola erano cristiani in senso stretto, figli di cristiani, nipoti di cristiani, tutti battezzati, comunicati e cresimati da 60 generazioni. Il problema non si poneva e non si è mai posto. Da qualche anno è in circolazione la questione del lasciare o meno i crocifissi nelle aule, sulla quale la recente sentenza della Corte di Strasburgo ha riacceso gli animi: pro e contro.

La principale argomentazione portata da chi vuole che i crocifissi rimangano dove sono è quella che essi sono il simbolo della “nostra” religione, della “nostra” tradizione, della “nostra” etica e della “nostra” morale. Una tradizione da non toccare, da non rimuovere. Una tradizione che deve stare ben esposta sulle mura delle aule scolastiche, per non dimenticare cosa siamo e da dove veniamo. 
Come se non ci fossero già sufficienti luoghi appositamente deputati a tale scopo.

Lo stato si definisce laico, sulla nostra carta d’identità non c’è nessuna croce, come non c’è sul passaporto o sul tesserino del codice fiscale. Non c’è la croce sulle pagelle, sui diplomi o sulle lauree. Ma nelle scuole la croce c’è sempre stata e ci deve rimanere, perchè?
Perchè, se una parte della popolazione italiana si dichiara atea, non credente, o diversamente credente? Perchè, se lo stato è laico ed aperto a tutte le forme di religione, una sola deve essere appesa nelle aule? Per ricordarci che una maggioranza crede in quel simbolo? 
Per ribadire che “noi” siamo più degli altri? Stavamo qui da prima, c’ero prima io, noi semo de ppiù, semo più fforti, semo li mejo, ciavemo raggione noi!
Voi siete di meno, siete ospiti, state a casa nostra e non potete, non dovete pretendere di fare i padroni in casa altrui. Non vi azzardate a farlo, sennò vi rispediamo tutti da dove siete venuti! 
Mi dispiace, ma non la vedo così. Mi sa un po’ di basso bullismo. Credo che per una vera integrazione, ovviamente per chi la vuole, non si debba stare ad accanirsi sulla presenza o meno di un simbolo religioso.

Se il simbolo di una religione “unisce” tutti quelli che ne fanno parte, nel momento stesso in cui in una nazione (o città, o paese, o aula di scuola) si trovano a vivere insieme persone di più religioni, quello stesso simbolo diventa inevitabilmente segno di “distinzione” e quindi di “divisione”, diventa un marchio di “appartenenza” e “non appartenenza”.
“Noi siamo cristiani”, dice a gran voce quel crocifisso, “cristiani da duemila anni. Chi non lo è, non è dei nostri”. Può stare qui, in mezzo a noi, ma noi vi ricordiamo che qui siamo cristiani, e voi?... E’ un po’ come Alberto Sordi, nel film Il marchese Del Grillo, quando diceva: “Perchè io so’ io, e voi nun sete un cazzo!”, con l’arroganza, la spavalderia e la superiorità di chi aveva il potere dalla sua. Che fa ridere fino a quando ci si trova dalla stessa parte, un po' meno se si è dall'altra.

Bullismo appunto.

Mi rimane poi l’interrogativo di quanti realmente, oggi, fra “noi” si sentono parte integrante di ciò che quel simbolo rappresenta, ma questo è un altro discorso. Altro interrogativo che sorvolo è quello su chi debba essere compreso in quei termini “noi” e “nostra”.
Recentemente ho letto anche chi ha affermato che il crocifisso è simbolo di storia, cultura, uguaglianza, libertà e tolleranza. Vorrei commentare brevemente.

Il crocifisso, oltre che la figura di Gesù (che per i cristiani è figlio di Dio, una delle persone della Trinità, insieme allo Spirito Santo) rappresenta in quanto simbolo tutto quello che ne consegue, vale a dire la Chiesa, quella con la C maiuscola, quell’istituzione che da duemila anni afferma di essere l’unica legittima rappresentante del messaggio portato da Gesù. 
Quindi non è sbagliato dire che il crocifisso, in quanto simbolo, essendo i simboli polivalenti per loro stessa natura, e quindi atti a rappresentare più significati, rappresenta anche e soprattutto l’istituzione della Chiesa, con tutta la sua storia bimillenaria.
Chiunque conosca un po’ di storia, dovrebbe sapere che la Chiesa, pur con tutti i suoi pregi e meriti, non sempre si è distinta per cultura, uguaglianza libertà e tolleranza. Anzi! Mi chiedo quindi come si possa sostenere che quel simbolo abbia in sé quei valori.

Provate a chiederlo a un ebreo di qualche tempo fa, se la Chiesa è simbolo di tolleranza.
Andate a chiederlo alle centinaia di donne arse vive come streghe, se la Chiesa è simbolo di libertà.
Chiedetelo ai primi uomini di scienza del Rinascimento, se la Chiesa è simbolo di cultura.

Ma il mio elementare pensiero è ancora un altro. Credo che oltre alla religione, non dovremmo dimenticare che noi siamo come siamo (ora intendo “noi” Italiani, ma per esteso quello che viene inteso come “nostro mondo occidentale”) non solo grazie ad una religione comune, con tutti i suoi pregi e difetti, ma anche grazie alla nostra cultura e soprattutto grazie al progresso scientifico, grazie a uomini come Galileo Galilei, avversato dalla Chiesa fino a dover subire un processo ed una condanna per il fatto di aver detto che la Terra ruotava attorno al Sole (e non viceversa).
Siamo come siamo grazie a Charles Darwin, che con la teoria dell’evoluzione ci ha fatto capire da dove veniamo, che la natura è in eterno divenire e non è stata creata di botto preconfezionata con Adamo ed Eva ignudi nel Paradiso Terrestre. Una teoria che la Chiesa ha avversato fino a non molti anni fa, continuando a ribadire che l’uomo non era “parente” degli animali, ma aveva avuto una creazione a sé (e c’è ancora chi lo sostiene, basta ascoltare Radio Maria).
Siamo come siamo grazie a Giordano Bruno, bruciato sul rogo di piazza Campo de’ Fiori, sempre dalla stessa Chiesa, perchè le sue idee vennero ritenute eretiche.
Siamo come siamo grazie a coraggiosi medici che nel 1500 sostennero per primi che il sangue nel corpo si muoveva, circolava (e non stava immobile come si sosteneva allora). Furono torturati e uccisi dalla Chiesa.
Siamo come siamo grazie al Rinascimento, all’Illuminismo, grazie a coloro che hanno contraddetto dei dogmi intoccabili.
Siamo come siamo grazie ai matematici arabi che per primi elaborarono l’algebra, grazie ai Greci e alla nascita della filosofia, grazie ai Fenici che inventarono l’alfabeto.
Siamo come siamo, infine, grazie a innumerevoli generazioni di schiavi, contadini e artigiani, nostri antenati senza nome e di cui non abbiamo memoria, che per tutta la vita hanno lavorato sottostando al potere oppressivo di gerarchie politiche e religiose di ogni genere.
   
Se oggi siamo quel che siamo e non siamo ancora schiavi, sottomessi, ignoranti e analfabeti, lo dobbiamo anche a tutti loro.
Proporrei dunque di aggiungere sulle pareti delle aule un bel telescopio a ricordare Galileo, un bel fossile per non dimenticare Darwin, una fiammella a ricordare Giordano Bruno, una falce per tutti i nostri nonni contadini, un martello per gli artigiani, e via dicendo. Tanto per correttezza :-)

Siamo seri, se chi si altera per la questione dei crocifissi fosse davvero convinto di essere cristiano, e che tutti gli Italiani sono cristiani, non avrebbe bisogno di ribadirselo con un legnetto a forma di croce attaccato alle pareti. Il problema vero, forse, è che non ne è convinto al punto tale che gli fa paura l’arrivo di un po’ di persone che hanno un’altra religione, per timore che possano traviare le future generazioni, che possano fare più figli di noi e far diventare l’Italia un paese di musulmani (orrore!), che possano metaforicamente demolire le “nostre” chiese.

E allora si deve vedere e far vedere ciò che si ritiene di essere: cristiani. Quei cristiani a cui venne comandato di amare i propri nemici, di porgere l’altra guancia, di donare sé stessi per gli altri. Quei cristiani che non si fanno problemi a fare le guerre per il petrolio, a vendere armi ai paesi poveri, a rispedire a casa immigrati clandestini, a separare nelle classi alunni italiani e stranieri, a permettere lo sfruttamento nei campi come schiavi, a fare nuovi campi di concentramento...

E il problema sarebbe un crocifisso nelle aule? Ma per favore!

E quando tu preghi, non essere come gli ipocriti, 
perché essi amano pregare stando in piedi nelle sinagoghe, 
e agli angoli delle piazze, per essere visti dagli uomini.

Dal Vangelo secondo Matteo. 6, 5


Amen!

...O come diceva nonna Imola, quando da bambino mi portava a messa alla Madonna del Pianto, non so per quale ricorrenza, messo su l’abituccio nero e infilati due fermagli fra i capelli bianchi raggomitolati sulla nuca, scendevamo insieme le scale e, da via Casalino 78, attraversata la piazza tenendomi per mano, arrivavamo a San Francesco, passavamo sotto al ponte della fontana e poi giù per una piccola stradina di campagna, che ancora è lì, uguale a venticinque anni fa, fino ad arrivare alla chiesetta rotonda, dicevo, come diceva nonna:
  
Ammenne!
(con l’accento sulla a iniziale)