26.08.07
Vallerano (VT)

Carissimo Ing. Clementi,
era chiaro che io dessi per scontato che voi sapeste bene che era il Vallerano (VT) gemellato, anche perché, avendo conosciuto l'Alvaro, avevo cinque anni, ne sapevo anche le motivazioni.
Ma come ti è venuto in mente di pensare che non fosse! Mi viene in mente il Manzoni nei Promessi Sposi, dove nel cercare la novizia uccisa poiché aveva scoperto la tresca della Monaca di Monza e tutte le congetture per spiegarne la fuga dice : "...Forse se ne sarebbe potuto sapere di più, se, invece di cercar lontano, si fosse scavato vicino." (Cap. X). Ottimo criterio per fare ipotesi, prima accertarsi che non siano valide quelle già date e più semplici, poi partire verso l'ignoto! Scusate ma mi avete preso per ignorante. La domanda del mio intervento era perché qui a Vallerano non vi fosse un cartello equivalente e quindi non capivo che gemellaggio fosse, ho scritto anche a Repubblica, vi ho mandato copia della lettera (riquadro giallo qui sotto, n.d.r), che lo collocava sul lago di Bolsena. Proprio non ci conosce nessuno, del resto gli allocchi sono animali notturni.

A presto Maxfor

   

Carissimo Direttore,
vorrei farle un piccolo appunto, essendo un componente della Pro Loco di Vallerano, circa una imprecisione rilevata sul vostro quotidiano nell'inserto La Domenica di Repubblica nell'articolo "Tra i silenzi di San Luca il paese che muore di faida", pag. 36 di Giovanni Maria Bellu. Dove parlando del gemellaggio dice "Vallerano, ridente centro sul lago di Bolsena" è invece ai piedi del monte Cimino a 390 metri s.m. e semmai poco lontano dal Lago di Vico, a 18 km da Viterbo.
Il gemellaggio è dovuto al fatto che lo scrittore Corrado Alvaro nel '38 vi acquistò una casa, dove soleva sostare spesso soprattutto d'estate componendo alcune opere, e nel cui cimitero è sepolto, come era sua volontà nel 1956. Cordiali saluti Massimo Fornicoli

      
   
   
   

Corrado Alvaro

Nel 1938 l’Alvaro scelse di stabilirsi a Vallerano, un po’ fuori paese sulla strada provinciale che porta a Fabrica di Roma, in località Santo Pietro. Il suo soggiorno durò soltanto 18 anni, mori nel 1956 e per suo volere riposa nel cimitero i cui cipressi scorgeva dalla sua casa. Amava molto la natura, il verde dei castagni che diventavano gialli durante l’autunno, di carattere molto riservato si soffermava spesso a parlare con i contadini per parlare dei lavori stagionali dei campi. Alcune opere furono composte qui, anche se non fa riferimenti a questa sua nuova casa. “Quasi una vita” un giornale intimo scritto da un antieroe e “Memorie del mondo sommerso” in cui voleva tracciare un grande affresco della società inizi secolo è del ’43. “ L’amata alla finestra” e “Gente in Aspromonte” e “L’età breve” sono del ’46. In quest’ultima opera parla della fine dell’infanzia che avviene, a suo parere, con il distacco dall’ambiente familiare e dal retrivo contesto paesano. Egli vuole qui sottolineare la grande importanza dell’influenza ambientale sullo sviluppo della personalità, "gli anni a venire", dirà in Memoria e fantasia "non saranno che l’illuminazione di quelli passati".
I temi ricorrenti nelle sue opere sono infatti l’infanzia, i ricordi familiari e paesani, la donna, il mondo sommerso. Accanto al narratore abbiamo un eccezionale autore drammatico e un acuto saggista, un grande giornalista, critico, letterario e teatrale.
Da buon laico - scrive Pedullà – aveva la religione della letteratura che cerca l’assoluto, e una volta ebbe a dire: “i calabresi l’assoluto lo cercano in vita”.
“Scritti dispersi” sono un grosso volume che racchiude molti suoi articoli pubblicati; vi si trovano pagine illuminanti e intense sul Sud, sul costume dei popoli, sulla cultura degli italiani che la definisce “non curiosa ma egocentrica e monodialogante”, sul mondo contemporaneo, sul rinnovamento artistico, sui classici e sulle rivoluzioni letterarie, sul teatro e sul cinema. Non ebbe mai dubbi sulla progressiva degradazione della cultura di massa, a tutt’oggi le sue analisi sono di una disarmante validità.

A presto maxfor